giovedì 2 luglio 2015

Fammi giocare per gioco





“Fammi giocare solo per gioco/senza nient’altro, solo per poco/senza capire, senza imparare/senza bisogno di socializzare/solo un bambino con altri bambini/senza gli adulti sempre vicini/senza un progetto, senza un giudizio/ con una fine, ma senza  l’inizio/con una coda, ma senza la testa/solo per finta, solo per festa/solo per fiamma che brucia nel fioco/fammi giocare per gioco”. (Bruno Tognolin)



I bambini, dopo l’avventura notturna della notte di San Giovanni,  avevano  strappato a nonno Paris la  promessa di portarli a campeggiare nel bosco insieme ad alcuni loro amici e dormire in tenda almeno una notte e nonno Paris, dal canto suo, non vedeva l’ora di far prendere aria alla sua vecchia tenda; magari le sue ossa un po’ meno, ma questo era un altro discorso!
Zaini in spalla, cannocchiali e macchinette fotografiche, iniziano a risalire il sentiero che li porterà alla sorgente del ruscello che scendeva in paese. In un momento si ritrovano a camminare tra larici e abeti, rovi di lamponi e, nascoste tra l’erba, fragoline di bosco; ogni tanto si udiva lo strisciare delle lucertole e, da lontano, il verso di un falco a caccia di prede. Il bosco si fa sempre più rado fino a scomparire del tutto e, l’allegra compagnia, si ritrova in mezzo a una variopinta distesa erbosa; si fermano un attimo per riprendere fiato e magari addentare un pezzo di cioccolata e bere un po’ d’acqua. Si guardano intorno con il cannocchiale e non fanno che pensare alla bellezza assoluta del paesaggio che li circonda: le rocce della montagna si stagliano orgogliose e fiere nel cielo segnandone l’orizzonte, chissà quante storie hanno da raccontare, si domandano i bambini, come quelle che sa il nonno o anche di più.


Ecco, dice il nonno, che nel frattempo aveva aperto la cartina dei sentieri, siamo quasi arrivati, dietro quelle rocce c’è un piccolo rifugio dei pastori e anche la nostra sorgente, questa notte ci accamperemo lì. Neanche aveva finito di rimettere a posto le borracce che i bambini già stavano allungando il passo, non vedevano l’ora di arrivare. Nonno, ma questa gita è meglio di tutti i giochi che abbiamo fatto fino ad ora, non pensavamo che in montagna ci si potesse divertire così tanto: senza un gioco gonfiabile, una piscina, una pista di macchinette da corsa! Beh, risponde nonno Paris, con un po’ di fantasia questo è il più grande parco giochi del mondo e anche il più originale perché ognuno di noi lo interpreta in un modo personale, inventando giochi sempre diversi e costruendo storie avventurose.
Arrivati a destinazione si misero subito a montare la tenda e anche questo risultò essere un gioco bellissimo; c’era chi raccoglieva legna per il fuoco e chi intrecciava rami per farne un tavolo (è incredibile come l’intreccio dei fili che avevano imparato da nonna Diomira, si rendeva utile anche con il legno!), chi iniziava a cucinare. Mentre si preparavano per mangiare li raggiunse il suono di mille passi di animali: erano le pecore che, dopo il pascolo, si riunivano allo stazzo per passare la notte e successe una cosa che mai avrebbero pensato: iniziarono a chiacchierare con i pastori e finirono per aiutarli a mungere.



 Alla sera finirono tutti intorno al fuoco a mangiare formaggio arrosto e raccontarsi storie. I bambini non smettevano mai di parlare e ridere e pensavano che non si erano mai divertiti tanto fino ad ora. Non servono i parchi giochi organizzati e artificiali quando si ha tutta la natura intorno a disposizione. Ha ragione il nonno quando dice che dobbiamo proteggere il mondo in cui viviamo; solo così possiamo giocarci quando vogliamo e come vogliamo. Questa lezione si impara solamente passandoci attraverso! 




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